mercoledì 16 settembre 2009

Fini, stop e ripartenza di Gigi Montonato

Da più di un anno e mezzo Gianfranco Fini, Presidente della Camera dei Deputati, ha assunto un atteggiamento contrario a gran parte delle prese di posizione del governo, qualche volta usando toni offensivi nei confronti di alcuni importanti esponenti della maggioranza o ad essa vicini. Diede dell’irresponsabile a Gasparri, capogruppo del PdL al Senato, nella circostanza della vicenda Englaro; ha definito killeraggio il modo di informare di Feltri, direttore del quotidiano della famiglia Berlusconi, in occasione della questione Boffo. Ha preso le distanze dalla maggioranza sui temi etici (procreazione assistita e testamento biologico), ha chiesto che il governo conceda agli immigrati il diritto di voto. Ha perfino confessato, alla veneranda età di quasi sessant’anni, di non essere certo di credere in Dio, quando di solito, a quell’età, uno incomincia ad avvicinarsi.
Senza entrare nel merito di ciascun episodio, in cui Fini può avere ragione o torto, è questa la partita, per citare gli episodi più rilevanti, a cui tutti pensavamo di aver assistito. Giustamente alcuni commentatori, molto meno killer di Feltri, ed altri, addirittura titillanti, dello schieramento opposto, hanno osservato che Fini si riconosce più nella sensibilità della sinistra che non in quella della destra. Qualcuno, pietosamente, nel tentativo di tenerlo nel seminato, ha avuto la stravagante idea di aggiungere a destra l’aggettivo “moderna”.
Quando la rottura sembrava ad un punto di non ritorno, ecco che il Fini dissenziente su specifici e importanti problemi è scomparso. In campo ci sarebbe un altro Fini, il quale non sarebbe d’accordo con Berlusconi ma solo sul modo di intendere il partito. Fraintendimenti, insomma, superabili. Chiederebbe, per esempio, più dibattito e confronto interni. Vorrebbe che, in quanto cofondatore del PdL, si incontrasse sistematicamente con Berlusconi per decidere insieme.
Ma, se non si vuole solo prendere o lasciare certi prodotti mediatici e propagandistici e si vuole, invece, anche e soprattutto capire, occorre fare qualche punto.
Primo. An è ben rappresentata ai vertici del PdL da Ignazio La Russa. O il Ministro della Difesa è un incapace, che si lascia abbindolare da Berlusconi?
Secondo. Si vorrebbe che Fini tornasse a fare il capo di partito; ma questo – lo capisce perfino uno studentello delle medie – non è compatibile col ruolo istituzionale che ricopre.
Terzo. Il progetto PdL in pendant col Pd, nella logica bipartitica, si sta rivelando un fallimento. Si pensa sempre più “ad alta voce” negli ambienti più vicini a Fini che forse è meglio che An torni ad An, per contare di più; che, fuor di politichese, vuol dire avere più potere di ricatto.
Rebus sic stantibus, però, Fini vorrebbe essere ubiquo, un po’ come Dante che alla minaccia di Bonifacio VIII di far intervenire Carlo di Valois a Firenze, indeciso se andare a Roma o rimanere a Firenze, diceva: se non vado io a Roma a scongiurare il Papa, chi va? E se non resto io a proteggere Firenze, chi resta?
La verità è che Fini persegue, come ha sempre fatto, un disegno personale, che è di succedere a Berlusconi o alla guida del centrodestra o a probabile inquilino del Quirinale. Questa sua strategia, autoritariamente perseguita – ricordo l’azzeramento dei vertici di An quando alcuni dei suoi colonnelli in un bar furono “intercettati” ad esprimere dei dubbi sulla sua per così dire adeguatezza – oggi non è più tanto facile perseguirla, perché non c’è più il partito. Lo dimostra il fatto che la famosa lettera dei “cinquanta”, agitata come uno spauracchio per Berlusconi dal “suo” Bocchino, si è rivelata un’impresa farla firmare, con un “per questa volta!” da parte di alcuni importanti colonnelli, come La Russa e Alemanno. I quali hanno capito che se vogliono continuare a contare, oggi devono stare dietro a Berlusconi; come ieri dovevano stare dietro a Fini.
La bacchettata di Feltri, tuttavia, “che tanto reo tempo volse”, non è avvenuta invano. Fini è stato avvertito: basta sparate contro le iniziative del governo, che ha un programma e lo sta portando a compimento. Nessun problema per lui, che non dovrebbe avere difficoltà ora a dubitare della modernità della sua destra. E’ uomo di infinite capacità di adattamento, favorito dal non essere costituito di solidità alcuna; ma sbaglia chi crede ch’egli rinunci definitivamente alla sua strategia.

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