sabato 17 giugno 2023

Berlusconi: l'Italia e la Destra

Ora che Silvio Berlusconi non c’è più molti giudizi su di lui cambiano. Già erano incominciati a cambiare in questi ultimi anni, diciamo dal suo ritorno alla politica dopo la sua decadenza da Senatore della Repubblica in seguito ad una condanna giudiziaria per frode fiscale. Molto deve l’Italia al Cavaliere di Arcore, pur prescindendo dall’imprenditore. Ha realizzato tanto a Milano ai tempi di Craxi e della Milano “da bere”. Ha creato Mediaset, affossando il monopolio televisivo di Stato della Rai. Ma molto gli deve l’Italia per la sua azione politica. Se molti giovani e molte giovani sono oggi in posti importanti della politica, della pubblica amministrazione, dell’imprenditoria, lo si deve anche a lui, al suo modo, coraggioso o spregiudicato che lo si voglia intendere, di svecchiare e di rottamare ben prima di Renzi, non uomini, dei quali è stato sempre rispettoso, ma le strutture e le logiche fatiscenti che sottendevano e che si trascinavano dal dopoguerra. A tutti ha sempre lanciato messaggi di modernità e di intraprendenza. Era l’aspetto buono del berlusconismo. Si consideri che l’Italia fino a Tangentopoli sul piano politico-ideologico era ferma all’incontro-scontro di don Camillo e Peppone, che a livello nazionale si proponeva con Moro e Berlinguer e poi a quanto rimaneva della Dc e del Pci. L’Ulivo non è stato proprio il Compromesso Storico ma quanto era possibile fare in quella logica in mutate condizioni. Di lì non si usciva. Se confrontiamo la prima metà degli anni Novanta, quando Berlusconi scese in politica, con la situazione odierna ci accorgiamo di più e meglio dei cambiamenti avvenuti. Oggi al governo c’è una coalizione di destra fondata anche sulla componente berlusconiana di Forza Italia ma con Giorgia Meloni, che è quanto resta del vecchio Msi, a capo del governo. Una situazione ribaltata. Il processo che ha portato a tanto fu iniziato da Berlusconi, che con la sua discesa in campo alle Politiche del 1994 avviò il bipartitismo, l’alternanza alla guida del Paese. Incominciò con lo sdoganamento del Msi, quando nel dicembre 1993 egli dichiarò che se fosse stato elettore romano avrebbe votato Gianfranco Fini a sindaco di Roma, come se facesse la cosa più normale di questo mondo. Era un’Italia in quel momento confusa e spaurita da Tangentopoli, che però conservava ancora forte i suoi valori di democrazia e di antifascismo. Fu il primo gesto di rottura col passato, per certi aspetti eversivo, tanto che subito il vecchio establishment insorse scandalizzato prima, preoccupato poi. La risposta rabbiosa che il vecchio potere diede fu l’avviso di comparizione il 22 novembre 1994 mentre era a Napoli come Presidente del Consiglio a presiedere un vertice internazionale sulla giustizia. Fu il primo atto di ostilità tra il vecchio e il nuovo. La vecchia classe dirigente cercava di riprendersi quanto riteneva di sua competenza. In questo braccio di ferro tra Berlusconi e il vecchio mondo politico, nel corso del quale ha vinto e ha perso, è rimasto ininterrottamente nelle attenzioni della magistratura per macroscopici suoi comportamenti di vita tra pubblico e privato. I suoi avversari sono stati favoriti da queste sue enormità, tra conflitto di interessi, leggi ad personam, reati amministrativi e costumi di vita scandalosi, che hanno fatto di lui nel mondo, specialmente in quello anglo-sassone, una sorta di icona del politico impresentabile. Basti vedere come i giornali di Gran Bretagna e Stati Uniti hanno commentato la notizia della sua morte. Ciononostante riusciva ad imporsi in campo internazionale grazie ad una politica dell’empatia basata sui rapporti personali coi capi politici stranieri. I suoi rapporti con Gheddafi, Putin ed Erdogan, ma anche con Bush jr. di amicizia personale prima ancora che di intesa politica, dimostrano come in talune circostanze hanno pagato. Negli ultimi tempi, a partire dall’uscita di Giorgia Meloni dal PdL nel 2012 e la nascita di Fratelli d’Italia, per Berlusconi è iniziato un periodo di decadenza. Se riusciva a tenere forte la barra nel suo partito, non altrettanto nella coalizione. Fedele alla sua visione liberaldemocratica e sensibile alle sorti del Paese non ha esitato ad entrare nella formazione del governo di unità nazionale presieduto da Mario Draghi. Questo ha fatto della Meloni, l’unica a restarne fuori, il punto di riferimento di tutto quel mondo politico di destra che si è orientato su Fratelli d’Italia alterando gli equilibri interni della coalizione. Berlusconi si rendeva conto fin dalla elezione del Presidente del Senato La Russa che non era più lui che dettava la linea e che la Meloni, per la sua storia e per il suo carattere, non era addomesticabile, lei disse “non ricattabile”. Alcune sue sortite contro la donna che lui stesso aveva “cresciuto”, fin da quando era Ministro della Gioventù nel suo quarto governo, erano espressione di una sorta di disagio, senza però conseguenze politiche, anche per le sue condizioni di salute che lo hanno portato alla fine.

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