Tra le stravaganti ragioni che
avrebbero indotto Matteo Salvini a farsi protagonista di una delle meno
comprensibili crisi di governo che si siano mai verificate in Italia ce n’è una
che lascia ancor più perplessi. Si è detto che Salvini ha avuto paura di
affrontare la manovra economica di fine 2019, annunciata da tutti come il
momento della verità di un governo, 5S-Lega, che aveva speso moltissimo per
Quota 100 e Reddito di Cittadinanza ed ora non sapeva come trovare 23mld per
evitare l’aumento dell’Iva. Salvini, insomma, se la sarebbe fatta sotto e
avrebbe preferito filarsela per non affrontare una situazione che sembrava
proibitiva.
Francamente è una spiegazione troppo
infantile e spicciativa, benché tra i suoi sostenitori ci fosse uno come
Massimo Cacciari, fine pensatore ed esperto amministratore, essendo stato
sindaco di Venezia. Intanto il governo non era formato dal solo Salvini e del
successo o dell’insuccesso della manovra ne avrebbero risposto collegialmente.
E poi, davvero il governo Conte “uno” sarebbe stato meno abile del governo
Conte “due”? Ne dubitiamo.
Giuseppe Conte, appena dopo il
varo del suo nuovo governo, quando ancora aveva il vestito del precedente, è
uscito in televisione e ha annunciato di aver trovato i 23mld di euro per
scongiurare l’aumento dell’Iva. Era come uno che si era allontanato per cercare
un oggetto smarrito e, avendolo ritrovato, lo annunciava trionfante e felice. Eureka!
E’ venuto spontaneo di pensare:
ma dove cazzo li ha trovati 23mld, dove li aveva? In realtà i soldi ancora non
esistevano, esistevano i rubinetti dai quali farli scorrere. Da che mondo è
mondo, monarchie o repubbliche, dittatori o democraticissimi presidenti, quando
lo Stato ha bisogno di soldi i suoi responsabili ricorrono alle tasse, aumentando
le vecchie e inventandosene di nuove, fino alla patrimoniale, che di tutte è la
più diretta e odiosa. Essa, infatti, colpisce il patrimonio immobiliare e
finanziario dei cittadini, indipendentemente da quanto essi guadagnino col
proprio lavoro. Lo fa in maniera brutale, semplicemente prendendosene una parte in percentuale, come
fanno rapinatori e scippatori. I politici sanno che parlare di patrimoniale non
conviene per non perdere il consenso dei ceti medi, quelli che nel bene e nel
male in Italia sono elettoralmente decisivi. E quando non possono fare a meno dal
ricorrerivi la chiamano diversamente. In Italia, per esempio, di patrimoniali
ce ne sono già due, c’è l’Imu e c’è l’imposta di bollo.
Dove Conte avrebbe dunque trovato
i 23mld per scongiurare l’aumento dell’Iva? Probabilmente i suoi esperti
ricercatori di soldi “nascosti” erano già a lavoro per mettere insieme se non
proprio tutti i 23mld almeno la gran parte, in modo da potergli far dire
vittorioso: ce l’abbiamo fatta. In realtà questi soldi non erano in nessun
cassetto ma erano nei rubinetti dai quali farli scorrere, ovvero le tasche
degli italiani. Ci sono imposte e imposte, ci sono tasse e tasse. Il non aver
aumentato l’Irpef e alcune altre tasse più immediatamente percebili non
significa aver rinunciato a tutta una serie di prelievi, che altro non sono che
le inflazionatissime mani nelle tasche dei cittadini. Se ne sono sentite tante
in proposito: tasse sulle merendine, tasse sui telefonini, tasse sui biglietti
d’aereo, aumento del prelievo fiscale dalle vincite dei giochi di Stato e via
cercando e ricercando. Alla fine i cittadini saranno tartassati; e quel che non
pagano a olio pagano a grano, secondo un vecchio modo di dire popolare.
Si dirà: sempre meglio che
l’aumento dell’Iva, che avrebbe provocato guasti più seri all’economia. Sì, ma
non dite, signori politici, con insistenza psittacistica, “non abbiamo messo le
mani nelle tasche degli italiani”, perché dirlo non è solo una bugia ma
un’offesa all’intelligenza della gente. Il cittadino fa presto ad accorgersi
che i conti alla fine non quadrano.
Il guaio è che queste tasse non
saranno sufficienti a risolvere il problema, perché comunque sempre di danaro promesso
si tratta. E’ come una volta facevano certi agricoltori che compravano e s’indebitavano
promettendo ai creditori che avrebbero pagato alla raccolta. Lo Stato non ha i
soldi, prevede che li possa raccogliere. Il governo, perciò, ha bisogno di avere
credito in Europa; ha bisogno cioè di poter pagare non coi soldi ma con altre
cambiali, probabilmente da rinnovare alla scadenza. Il vento europeo ora volge
in suo favore, sono tutti di “famiglia” sinistrorsa. Ci si augura che quel
vento possa volgere anche in favore dei cittadini, anche di quelli incazzatissimi con Salvini.
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