martedì 29 gennaio 2019

Si è spenta a 94 anni Giulia Licci. La poetessa "bambina" di Ruffano




L’inverno inclemente di quest’inizio d’anno si è portato via Giulia Licci, la poetessa “bambina” di Ruffano. Si è spenta il 26 gennaio. Aveva 94 anni e da tempo ci deliziava con le sue periodiche eleganti plaquette di poesia, tutte rigorosamente fatte uscire a primavera, tra il marzo e il maggio, fino all’ultima dell’anno scorso intitolata Il Pitòn.  Quasi tutte presso l’editore GRedizioni di Besana in Brianza.
Sembrava giocare e sognare, lei, fin dai titoli. Perciò “bambina”. Solo per citarne alcuni: Ciondolino (2004), Boccioletto (2005), Il micino (2008), Camillo (2012), Piripicchio ladro (2013), Il pizzicato (2014). Parlava ai grandi col linguaggio dei piccoli, inventando parole di efficace suggestione fonico-simbolica. Interessante lo studio critico sulla sua poesia di Nicola G. De Donno, pubblicato come prefazione alla raccolta Il branco del 1996, versione forse più veritiera della famigerata casta. Il poeta e critico magliese ne evidenziò gli aspetti satirici ed etici e ne studiò gli aspetti formali e stilistici. Distintivo il suo ottonario con rime a caso, che rafforza l’idea dello scherzo.
La sua poesia non era solo divertissement. Tale poteva sembrare. In lei c’era impegno civile e a tratti militanza. Irridenti le sue metafore anticorruzione politica, efficace la sua difesa dell’ambiente, dolci e sognanti le sue contemplazioni della natura. Nella sua poesia ricorrevano temi culturali e sociali importanti, svolti in forme ricercate ed erudite, che mettevano distanza dalla poesia qualunquistica dei nostri tempi. Il femminismo, per esempio, In libertà (2015) con la copertina di Samantha Cristoforetti dedicato alla cugina Nadia. L’antirazzismo, con I Ròm (2000).
Colta e raffinata – era una professoressa di lettere – ha dedicato raccolte alla cultura di ogni tempo, con richiamati echi scolastici: Nel paese di Marino [Giambattista] (2001), In libreria (omaggio a Manzoni) (2009), Il cugin di don Rodrigo (2010), Lemme lemme… (Omaggio a D’Annunzio) 2011), Monte Ida (2017). Esteta della parola e dell’immagine, cantava le bellezze naturali e artistiche: Pour la France (2006), Napoli (2007).
La sua poesia aveva attratto l’attenzione di critici importanti tanto da figurare ormai nei repertori e nelle storie letterarie salentine. Nel 1998 l’editore milanese Scheiwiller la consacrò poetessa tra le più importanti del Novecento pubblicandone la raccolta, Poesie (1942-1998), nella sua “all’insegna del pesce d’oro” con la stessa prefazione di De Donno.
Solo in questi ultimi trent’anni ha avuto significativi, ma non adeguati, riconoscimenti. La sua vita appartata, praticamente chiusa e isolata, non le ha consentito di avere la visibilità che meritava, ma che lei – a dire il vero – non gradiva.
Beffardo e dispettoso con lei questo 2019, che non le ha consentito un’ultima plaquette. Ma, chissà…la primavera non è ancora cominciata e potrebbe riservarcene una postuma.

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