Quando termini la maratona della
lettura del libro di Antonio Scurati, M
il figlio del secolo (Bompiani, 2018, pp. 840) ti viene di dire “salute!”.
E’ davvero lungo, anche se non stancante, e alletta al proseguo una volta che
l’hai iniziato. L’autore lo ha definito romanzo, forse perché non se l’è
sentita di chiamarlo per quello che in fondo è, un libro di storia, sia pure
raccontato con le figure retoriche di significato e di stile tipiche della
narrativa. Ma si può leggere anche come un saggio politico. Diciamo che è un
libro multigenere.
I fatti sono tutti veri, sono dispositio ed elocutio che ricadono nelle scelte del narratore. Di queste regole
della retorica classica Scurati si rivela il solito talentuoso maestro. Quasi a
confermare quanto narra, volta per volta indica in epigrafe un personaggio, un luogo ed
una data. Così titola i capitoletti e li fa seguire da alcuni documenti a
riscontro: brani di discorsi, di articoli di giornale, dichiarazioni.
Se l’autore aveva un intento non
dichiarato, oltre a quello indicato nel titolo, si può dire che sia riuscito a
raggiungerlo, anche se qua e là ha seminato un po’ di inesattezze storiche.
Gliele ha rilevate Ernesto Galli Della Loggia in un articolo apparso sul
Corriere della Sera del 14 ottobre 2018. Errori di nessuna incidenza sulla
tenuta, anche storiografica, mende irrilevanti, che trovano giustificazione nel
fatto che l’autore è un romanziere e non uno storico.
Ma perché questo libro di
narrativa-storia-politica? Se fosse stato veramente e solo per narrare la presa
del potere di Mussolini non ne sarebbe valsa la pena. Ci sono migliaia di
libri di specialisti che lo hanno già fatto, alcuni in maniera egregia. C’è che
l’autore lascia passare un messaggio senza mai adombrarlo ma prepotente,
insistente, ingombrante. Il messaggio è questo: bada gente che quando un Paese
non ne può più, allora ricorre a… Mussolini nel dopoguerra, a… Beppe Grillo nel
dopopartitocrazia.
Nel 1922 Mussolini conquista il
potere e lo rafforza col discorso del gennaio del 1925, dopo il delitto e la crisi Matteotti,
perché l’Italia è invivibile e ingovernata, in preda ad una guerra civile
scatenata dai socialisti che minacciano di fare in Italia quel che i comunisti
hanno fatto in Russia. Il materiale umano che implementa il fascismo è di
risulta, è feccia, avanzi di galera che neppure la morte in guerra ha voluto
per sé nonostante la loro baldanza ed esposizione: volontari, arditi,
disadattati a qualsiasi ordine sociale, autentici criminali col gusto della
violenza gratuita e irridente, dediti all’alcool, alle puttane, all’avventura
quotidiana. Il loro motto è “sangue e sperma”. Il peggio, insomma, che potesse
esprimere la società del tempo. E come fu possibile? Lo fu – sostiene Scurati –
perché gli italiani non ne potevano più di una classe politica, imbelle,
incapace, lontana dalla realtà del Paese; si diede al più forte.
M5S e Lega non sono nemmeno alla
lontana i fascisti del ’22; ma nemmeno l’Italia di oggi è quella del ’22.
Specialmente i Cinque Stelle, con qualche eccezione, risultano personaggi
politicamente improvvisati; ma a votarli è stato un Paese stanco di una classe
politica, assai più presentabile, ma anche ormai inadeguata a capire e a
rappresentare una società decisamente mutata.
Il fascismo conquistò il potere
con la violenza dei fatti; il grillismo con la violenza delle parole. Il
paragone ci sta, anche se il fascismo non fu soltanto quello che Scurati dice e
il M5S non può essere identificato col fascismo, comunque inteso. Certo,
qualche analogia non manca. Del resto gli stessi Cinque Stelle hanno detto più
volte che è una fortuna per la democrazia essere stati loro a guidare la giusta
reazione del Paese anziché gli arrabbiati e violenti dell’estremismo
politico.
Nel “romanzo” di Scurati emergono
due grandi uomini soli, due giganti: Mussolini per un verso, Matteotti per un
altro. Sia per l’uno che per l’altro l’autore non nasconde la sua simpatia,
benché i due fossero diversissimi. Mussolini era solo in mezzo ad una
sfrangiata di collaboratori ai limiti della gestibilità. Egli stesso più volte
ebbe a ricordar loro che gli italiani potevano al massimo tollerare un Duce,
non di più. Matteotti era solo in mezzo ad una imponente folla di socialisti e
lavoratori, organizzati in leghe e circoli, che finirono per disperdersi,
mimetizzarsi e nascondersi dopo le violenze da loro stessi scatenate. Situazioni che non
sorprendono, ma che fanno riflettere! “L’ammirazione e la paura – diceva
Mussolini – sono sempre un po’ parenti”.
Non fosse altro che per questo, il libro di Scurati andrebbe letto anche
se di pagine ne avesse avute il doppio di quelle che ha.