domenica 11 novembre 2018

Italiani inventori di politica




Negli Stati Uniti d’America incominciano le manovre per le prossime presidenziali. Si cercano e si propongono candidature. L’ipotesi che possa correre anche Michelle Obama, moglie dell’ex presidente Barack Obama, dimostra una certa mancanza di prospettive politiche in quel Paese. Michelle sarebbe la seconda moglie di un ex presidente a tentare la corsa alla Casa Bianca, dopo la non fortunata esperienza di Hillary Clinton. Francamente non ci sembra una grande trovata proporre la moglie di un ex ad una carica politica, tanto più se si tratta di una carica apicale che più apicale non si può. Dà l'idea di un mondo piccolo. Di fronte alla mancanza di fantasia e di creatività americana noi italiani ci possiamo vantare di essere dei grandi inventori di politica. Passiamo a volo d’uccello su quest’ultimo secolo di storia.
Subito dopo la Grande Guerra, di cui si è appena commemorato il Centenario, quando l’onda lunga del comunismo sembrava dovesse travolgere l’Europa, l’Italia escogitò il fascismo. Questo fu nelle intenzioni del suo fondatore e dei suoi teorici il superamento della lotta di classe per trasferire la stessa a livello planetario fra paesi poveri e paesi ricchi. Benito Mussolini capì che il socialismo non era per l’Italia e più tardi lo stesso Lenin gli diede ragione, giudicandolo l’unico che avrebbe potuto fare la rivoluzione …col rosso ovviamente. Mussolini la fece col nero; e in questo si rivelò un inventore formidabile. Negli anni immediatamente successivi fu imitato in tutta Europa, dove nacquero e si svilupparono movimenti analoghi, alcuni dei quali addirittura giunsero al potere (Germania, Spagna), in altri lo influenzarono. Nella stessa Inghilterra il movimento fascista di sir Oswald Mosley ebbe una notevole simpatia e condivisione fino a lambire la casa reale. Del fascismo si può dire tutto il male che si vuole, ma se è diventato una categoria politica universale vuol dire che la sua importanza è pari alla sua forza semantica. Un’invenzione italiana! Che lo stesso Umberto Eco non ha mancato di rilevare nel suo Il fascismo eterno (1995, riedito in volumetto nel 2017, e subito balzato in testa alle classifiche).
Nel secondo dopoguerra l’Italia inventò una formula già avviata durante la guerra, il ciellenismo (da C.L.N. = Comitati di Liberazione Nazionale), ossia l’alleanza fra tutti i partiti e movimenti che avevano fatto la Resistenza, sfociata nella scelta repubblicana del 2 giugno 1946 e nella Costituzione (27 dicembre 1947), formula diventata più tardi dell’arco costituzionale. Fino ad un certo punto fu una scelta obbligata; divenne innovativa dopo.
La Democrazia Cristiana, che era il perno del sistema, anche potendo governare da sola, preferì farlo con partiti satelliti, che garantivano pluralismo di idee e di proposte e la tenevano al riparo dalla concorrenza esterna sia di destra che di sinistra. Le possibili minacce, infatti, le poteva tenere sotto controllo all’interno della coalizione, in cui si alternavano liberali, repubblicani e socialdemocratici. Una formula di notevole efficacia tattica.
La democrazia dei partiti durò fino agli inizi degli anni Novanta, quando scoppiò Tangentopoli, degenerazione in cui era tralignata. Ne seguì un’autentica rivoluzione che fece diverse vittime e mise fine alla Prima Repubblica. E qui si mise in moto ancora una volta il laboratorio politico italiano per un’altra invenzione italiana: il berlusconismo, un sistema che ha alla base lo strapotere economico e mediatico di un uomo di successo, spregiudicato fino all’ostentazione del vizio, dell’abuso e della commistione di interessi pubblici e privati. Un misto di liberalismo e populismo che ha fatto gridare qualcuno al lupo fascista.
Anche questa invenzione avrebbe fatto scuola in diverse parti del mondo. Si consideri l’analogo statunitense di Berlusconi che è Donald Trump, pur con notevoli sfumature. Il berlusconismo, che presenta aspetti e articolazioni diversi, in dipendenza dal carattere personale dei suoi interpreti, si può definire un sistema fondato su un “politico diversamente dittatore”. Un “berlussolini” che non ha bisogno di imporre nulla perché condizioni e uomini del suo paese sono particolarmente propensi e disposti a seguirlo, un po’ per necessità e un po’ perché c’è il vuoto in alternativa. Ancora una volta il laboratorio politico italiano ha dato al mondo un prodotto di “qualità”, alla stregua di un vestito di Valentino o di un bolide della Ferrari.
Oggi i sistemi politici, in difetto di ideologia, che è il propellente della loro efficienza, durano poco. Il berlusconismo è durato vent’anni circa con qualche colpo di coda sempre meno convincente. Dalla sua crisi, però, ancora una volta il genio italico è uscito alla grande, direi alla grandissima, indipendentemente da quali saranno o potranno essere i risultati. La nuova invenzione si chiama grillismo, ovvero M5S, che ha filiato altre stupefacenti soluzioni politiche, come la formula della triarchia Conte-Di Maio-Salvini, ossia un capo del governo di nessun potere decisionale e due sottocapi, che di fatto sono supercapi, i quali decidono sulla base di un contratto. Qui veramente siamo all’apoteosi dell’inventività. Sono entrati nel vocabolario politico parole con nuovi significati, come codice etico interno e contratto; altre con recuperi nobilitanti come populismo.
Che da questo si producano soluzioni efficaci è da vedere, ma intanto non si può non prendere atto della formidabile fantasia propositiva del Paese, che, quando tutto sembra crollare, ecco che vien fuori la trovata geniale.

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