Negli Stati Uniti d’America
incominciano le manovre per le prossime presidenziali. Si cercano e si
propongono candidature. L’ipotesi che possa correre anche Michelle Obama,
moglie dell’ex presidente Barack Obama, dimostra una certa mancanza di
prospettive politiche in quel Paese. Michelle sarebbe la seconda moglie di un
ex presidente a tentare la corsa alla Casa Bianca, dopo la non fortunata esperienza
di Hillary Clinton. Francamente non ci sembra una grande trovata proporre la
moglie di un ex ad una carica politica, tanto più se si tratta di una carica
apicale che più apicale non si può. Dà l'idea di un mondo piccolo. Di fronte alla mancanza di fantasia e di
creatività americana noi italiani ci possiamo vantare di essere dei grandi
inventori di politica. Passiamo a volo d’uccello su quest’ultimo secolo di
storia.
Subito dopo la Grande Guerra, di
cui si è appena commemorato il Centenario, quando l’onda lunga del comunismo
sembrava dovesse travolgere l’Europa, l’Italia escogitò il fascismo. Questo fu nelle intenzioni del suo fondatore e dei suoi
teorici il superamento della lotta di classe per trasferire la stessa a livello
planetario fra paesi poveri e paesi ricchi. Benito Mussolini capì che il
socialismo non era per l’Italia e più tardi lo stesso Lenin gli diede ragione,
giudicandolo l’unico che avrebbe potuto fare la rivoluzione …col rosso
ovviamente. Mussolini la fece col nero; e in questo si rivelò un inventore
formidabile. Negli anni immediatamente successivi fu imitato in tutta Europa,
dove nacquero e si svilupparono movimenti analoghi, alcuni dei quali addirittura
giunsero al potere (Germania, Spagna), in altri lo influenzarono. Nella stessa
Inghilterra il movimento fascista di sir Oswald Mosley ebbe una notevole
simpatia e condivisione fino a lambire la casa reale. Del fascismo si può dire
tutto il male che si vuole, ma se è diventato una categoria politica universale
vuol dire che la sua importanza è pari alla sua forza semantica. Un’invenzione
italiana! Che lo stesso Umberto Eco non ha mancato di rilevare nel suo Il fascismo eterno (1995, riedito in
volumetto nel 2017, e subito balzato in testa alle classifiche).
Nel secondo dopoguerra l’Italia
inventò una formula già avviata durante la guerra, il ciellenismo (da C.L.N. = Comitati di Liberazione Nazionale), ossia
l’alleanza fra tutti i partiti e movimenti che avevano fatto la Resistenza,
sfociata nella scelta repubblicana del 2 giugno 1946 e nella Costituzione (27
dicembre 1947), formula diventata più tardi dell’arco costituzionale. Fino ad un certo punto fu una scelta obbligata; divenne innovativa dopo.
La Democrazia
Cristiana, che era il perno del sistema, anche potendo
governare da sola, preferì farlo con partiti satelliti, che garantivano
pluralismo di idee e di proposte e la tenevano al riparo dalla concorrenza
esterna sia di destra che di sinistra. Le possibili minacce, infatti, le poteva
tenere sotto controllo all’interno della coalizione, in cui si alternavano
liberali, repubblicani e socialdemocratici. Una formula di notevole efficacia
tattica.
La democrazia dei partiti durò fino agli inizi degli anni Novanta, quando scoppiò Tangentopoli, degenerazione in cui era tralignata. Ne
seguì un’autentica rivoluzione che fece diverse vittime e mise fine alla Prima
Repubblica. E qui si mise in moto ancora una volta il laboratorio politico
italiano per un’altra invenzione italiana: il berlusconismo, un sistema che ha alla base lo strapotere economico
e mediatico di un uomo di successo, spregiudicato fino all’ostentazione del
vizio, dell’abuso e della commistione di interessi pubblici e privati. Un misto di liberalismo e
populismo che ha fatto gridare qualcuno al lupo fascista.
Anche questa invenzione avrebbe
fatto scuola in diverse parti del mondo. Si consideri l’analogo statunitense di
Berlusconi che è Donald Trump, pur con notevoli sfumature. Il berlusconismo,
che presenta aspetti e articolazioni diversi, in dipendenza dal carattere
personale dei suoi interpreti, si può definire un sistema fondato su un
“politico diversamente dittatore”. Un “berlussolini” che non ha bisogno di
imporre nulla perché condizioni e uomini del suo paese sono particolarmente
propensi e disposti a seguirlo, un po’ per necessità e un po’ perché c’è il
vuoto in alternativa. Ancora una volta il laboratorio politico italiano ha dato
al mondo un prodotto di “qualità”, alla stregua di un vestito di Valentino o di
un bolide della Ferrari.
Oggi i sistemi politici, in
difetto di ideologia, che è il propellente della loro efficienza, durano poco.
Il berlusconismo è durato vent’anni circa con qualche colpo di coda sempre meno
convincente. Dalla sua crisi, però, ancora una volta il genio italico è uscito
alla grande, direi alla grandissima, indipendentemente da quali saranno o
potranno essere i risultati. La nuova invenzione si chiama grillismo, ovvero M5S, che ha filiato altre stupefacenti soluzioni
politiche, come la formula della triarchia Conte-Di Maio-Salvini, ossia un capo
del governo di nessun potere decisionale e due sottocapi, che di fatto sono
supercapi, i quali decidono sulla base di un contratto. Qui veramente siamo
all’apoteosi dell’inventività. Sono entrati nel vocabolario politico parole con
nuovi significati, come codice etico interno e contratto; altre con recuperi
nobilitanti come populismo.
Che da questo si producano
soluzioni efficaci è da vedere, ma intanto non si può non prendere atto della
formidabile fantasia propositiva del Paese, che, quando tutto sembra crollare,
ecco che vien fuori la trovata geniale.
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