domenica 30 luglio 2017

Il centrodestra a Lecce rischia grosso


Mauro Giliberti, candidato del centrodestra leccese sconfitto nelle ultime elezioni comunali, ha rifiutato la presidenza del consiglio comunale offertagli dal sindaco Carlo Salvemini, capo dello schieramento avverso, vincente al ballottaggio. Giorni prima – prima che si pronunciasse la Commissione che ha dato il premio di maggioranza alla lista di centrosinistra – quella presidenza era rivendicata dal centrodestra come spettantegli di diritto. Tu non puoi darci – dicevano a Salvemini – ciò che è già nostro; certi di avere la maggioranza dei voti in consiglio.
Ha fatto bene Giliberti a rifiutare? Certamente la sua decisione ricade nella posizione strategica del suo raggruppamento, da tutti per il momento condivisa. Accettare la presidenza significava accettare anche le decisioni della Commissione mentre alcuni della sua parte politica si accingevano a fare ricorso. Essere presidente di assemblea, oltre che legittimare la situazione, significava anche favorire la giunta. Il capo dell’opposizione non può esautorarsi politicamente in simile modo. Dunque Giliberti ha fatto bene a rifiutare.
Quel che incomincia ad andar male – ma “incomincia” per modo di dire, in realtà continua – è che il centrodestra non ha capito che il sistema elettorale vigente prevede due partite per l’elezione del sindaco, del consiglio comunale e della giunta. Due turni, che, per usare la metafora calcistica, sono due partite distinte, una in casa e l’altra in trasferta. Nella prima, quella in casa, il centrodestra ha vinto, subendo però un gol, quello del voto disgiunto, che vale doppio; nella seconda ha perso senza segnare in trasferta. A classificarsi per la finale, perciò, è stata la squadra di Salvemini.
Si può discutere all’infinito su questo come su altri sistemi elettorali. Soprattutto è sul voto disgiunto che si colgono gli aspetti più bizzarri e contraddittori. Come si può simultaneamente votare a favore e contro? Altro che trasformismo, qui occorre scomodare la psicanalisi. Quegli elettori di destra o di centrodestra che hanno votato per i propri candidati ma poi hanno votato per il candidato sindaco dello schieramento avversario, di fatto hanno vanificato il voto di lista; perciò oggi non possono lamentarsi più di tanto: chi è causa del proprio mal pianga se stesso.
La Commissione che ha assegnato il premio di maggioranza a Carlo Salvemini non poteva fare altrimenti; se no avrebbe creato una situazione amministrativa ingestibile. Ha privilegiato la governabilità. Non si può darle torto, anche se agli aficionados del centrodestra brucia veder svanire una vittoria che sembrava ormai a portata di mano.
A Lecce frequento molta gente e ho imparato a leggere i segnali di come vanno le cose e di come potrebbero andare. Erano in moltissimi alla vigilia del ballottaggio ad essere certi che avrebbe vinto Salvemini. Non era difficile pronosticarlo perché fra i due, Giliberti e Salvemini, chi offriva più garanzie di competenze politiche e amministrative era Salvemini.
Ma i segnali più forti e aggiungo che facevano più male al cittadino leccese e salentino di centrodestra erano quelli dati da persone che per tante ragioni erano state sempre di destra o di famiglia tradizionalmente di destra. I motivi di Bruto non sono quelli di Cassio. Ce lo ha insegnato Shakespeare. I loro endorsement in favore di Salvemini, dal carattere fegatoso e ripiccoso, non dico che sono stati determinanti ma hanno bocciato Giliberti più di quanto non abbia fatto il suo minor appeal politico-amministrativo rispetto a quello di Salvemini.
Quale è ora la strategia del centrodestra? Aspettano il responso del ricorso al Tribunale Amministrativo. Secondo me, tempo perso, perché si è di fronte ad una sentenza scontata, che va ben oltre i cavilli giuridici. Qui c’è una città come Lecce che non può essere abbandonata al caos di un sindaco che non ha la maggioranza per amministrare. Perciò andrà a finire che la situazione si consoliderà come ha già deciso la Commissione. Oltre tutto la magistratura in Italia quando si trova di fronte a questioni politiche tende sempre a favorire la sinistra.
Il centrodestra dovrà fin da ora, ma forse ha già incominciato, ad analizzare la sconfitta maturata nei due turni. Nel primo col voto disgiunto dato a Salvemini, nel secondo con la certezza di avere ormai la maggioranza in consiglio. Ma, a parte i due dati elettorali, il problema di fondo è che il centrodestra è arrivato alle elezioni leccesi impreparato o, più verosimilmente, troppo certo di vincere, a prescindere da tutto. Giliberti, a cui personalmente voglio bene perché è una bella persona, colta e garbata, professionalmente preparata, della quale i leccesi dovrebbero andar fieri, non poteva essere il candidato da contrapporre a Salvemini, per lo meno non nelle elezioni del giugno scorso. Come è nata la sua candidatura, chi di fatto l’ha voluta e perché sono tutte questioni che vanno esaminate e dibattute nelle sedi opportune.
Al momento il centrodestra deve studiare una strategia politico-amministrativa di opposizione, nella prospettiva di un recupero alla prossima scadenza elettorale. Farebbe bene, allora, non abbandonare la scelta di “collaborare” con la Giunta, nel rispetto dei ruoli, senza porsi ogni volta e per ogni iniziativa contro. Mauro Giliberti lo ha più volte detto e scritto in campagna elettorale e immediatamente dopo. Ma chi batte le carte oggi nel centrodestra non è più lui. Oggi sono altri; sono quei leader diffusi, di cui si caratterizza oggi ogni schieramento politico, a destra come a sinistra, che continuano a rifilarsi colpi proibiti anche dopo.

Se il lavoro di opposizione non sarà credibile e soprattutto se non si farà chiarezza e forza all’interno dello schieramento il centrodestra rischia di perdere ancora e per diversi anni.     

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