Sono del parere che in questo
momento più che indicare nomi per la Presidenza della Repubblica occorre indicare
profili politico-istituzionali, che il futuro Presidente dovrebbe saper interpretare.
Per anni abbiamo sentito che in Italia il Presidente della Repubblica non conta
nulla, è poco più di un simbolo dell’unità nazionale. Gli ultimi Presidenti,
direi a partire da Pertini e fino a Napolitano, hanno dimostrato che non è
così. O, per lo meno, così è stato fino a quando i Presidenti sono appartenuti
allo stesso partito che dominava le maggioranze governative, ossia la Democrazia Cristiana
(Gronchi, Segni, Leone), o a qualche suo satellite, come il Partito liberale
(Einaudi) e il Partito socialdemocratico (Saragat). Poi le cose sono cambiate.
Fu il socialista Pertini che
consegnò ad un socialista, Bettino Craxi, per la prima volta nella storia della
Repubblica, la Presidenza
del Consiglio, sia pure con l’inganno della staffetta col democristiano Ciriaco
De Mita, promessa e poi tradita dal segretario socialista con machiavellica
disinvoltura. Una svolta avvertita come una scossa tellurica, specialmente dai
partiti moderati e di destra. Fu il democristiano Scalfaro che non ridiede
l’incarico al socialista Craxi non già per ritorsione per l’inganno subito dal
suo partito ma per l’avvio di quel processo cosiddetto di Mani Pulite, che
trovò Craxi con le mani sporche. E fu sempre Scalfaro a colpire il governo
Berlusconi, con l’inganno del governo Dini, anticamera del governo Prodi. Fino
ai giorni nostri, con l’autentica “dittatura” istituzionale di Napolitano, che
di fatto è stato il domino assoluto della situazione, con scelte forti e
discutibili, ma volte a tirar fuori dalle gravissime difficoltà il paese:
dimissioni imposte a Berlusconi, governo Monti, governo Letta, governo Renzi.
Chi può dire più che il Presidente della Repubblica in Italia è poco più di un
simbolo? Credo nessuno, e nessuno più lo dice.
Il sistema politico italiano è
passato dalla prima alla seconda repubblica ed è oggi in mezzo al guado verso
la terza senza aver cambiato né in maniera formale né in maniera sostanziale l’assetto
della Costituzione. Per cui oggi potremmo avere un Presidente appena-appena
simbolo dell’unità nazionale o un Presidente decisore di scelte importanti. Tutto
dipende da lui. I suoi spazi di manovra sono direttamente proporzionali alle
esigenze del momento e alle sue capacità.
La posizione della destra o di
quello che di essa rimane è per un Presidente di garanzia, che rappresenti l’intera
nazione, che è come dire qualcuno che non c’è. La destra che si è sempre connotata per
concretezza e pragmatismo, oggi tradisce Aristotele per Platone. Dove vai a
trovarlo un Presidente espressione della Nazione? Nell’Iperuranio,
probabilmente; ma l’Iperuranio non esiste. In buona sostanza non sanno chi o
che cosa indicare. Quando si sentono nomi come Riccardo Muti o Renzo Piano o
non so chi altri, addirittura un imprenditore, sono pure scemenze. A Presiedere
la Repubblica
deve essere una persona prima di tutto moralmente inattaccabile, esperta di
politica e di diritto, capace di intervenire con tempestività e decisione, come
appunto hanno saputo fare Scalfaro e Napolitano, in presenza di crisi piuttosto
gravi. Occorrerebbe uno Scalfitano. Che deve fare Muti, intonare il Nabucco?
Che deve fare Piano, progettare una torre alta quanto il cielo? Ci vuole un
politico, possibilmente con gli attributi, se evocarli non è un oltraggio al
femminismo. Si è anche ipotizzata una donna al Quirinale. Perché no? Ma di
donne all’altezza della situazione ne vedo poche; donne voglio dire che già
abbiano dato prova di essere capaci di un ruolo così importante e dipendente
dalle doti personali di chi lo occupa.
Il filosofo Cacciari ha detto che
il prossimo Presidente della Repubblica sarà uno di questi tre: Prodi, Amato o
Mattarella. Cacciari è un uomo di grossa cultura e di notevole esperienza
politica; se si è spinto ad una profezia, quanto meno ha degli elementi. Non è
il caso di esprimersi né sull’uno, né sull’altro, né sull’altro ancora di
questi tre. In questo momento sarebbe più la simpatia o l’antipatia a dettare
un nome, oggettiva difficoltà a parte.
Un fatto appare certo: il
prossimo Presidente lo designerà Renzi, il quale gioca nel Pd; e fuori del Pd oggi non
c’è partita a nessun livello. Berlusconi con le sue uscite anti-comuniste si
gioca gli ultimi residui di reputazione, ma non determinerà nulla. Dovrà
sorbirsi l’ennesimo Presidente espresso dalla sinistra, che continuerà a
tenerlo alla porta, come Gregorio VII tenne Enrico IV a Canossa. Renzi tiene Berlusconi al Nazareno. Avrebbe dovuto
pensare prima, quando aveva tanto consenso da creargli imbarazzo, come lui
stesso disse in un comizio dopo le elezioni del 2008. Quanto a Salvini, le sue
cafonate, in continuità con Bossi, non dicono nulla di concreto. Di fatto Forza
Italia e Lega sono fuori dai giochi per il Quirinale. Dovranno accontentarsi –
Berlusconi almeno – di non peggiorare la propria posizione.
Il Presidente che ci vuole,
dunque, deve essere un politico di lungo corso, ma dalla tenuta ideologica
solida, che sappia almeno che significa “presidente di garanzia”. Questi può
anche non trovare sempre il consenso degli avversari della parte politica dalla
quale proviene, ma può farsi apprezzare nel suo esercizio presidenziale, quando
i suoi atti vanno a beneficio di tutto il paese. Poi, può accadere che certe
scelte possano coincidere con gli interessi di una parte politica piuttosto che
di un’altra, ma questo è tanto inevitabile quanto non intenzionale. Se non
vogliamo dire che è anche abilità di chi subisce scelte avverse di saperle
tramutare a proprio favore o comunque di non tribolarsene più di tanto e
guardare avanti.
Nessun commento:
Posta un commento