Alla marcia parigina di domenica,
11 gennaio, in risposta all’eccidio di “Charlie Hebdo” non ci sarà Marine Le
Pen, la quale ha detto “Ie ne suis pas Charlie”. La leader dell’estrema destra
francese non ha mai condiviso la satira di “Charlie Hebdo”, ritenendola, anarchica
e trotzkista, dissolvente e inutilmente offensiva dei più elementari e diffusi
sentimenti religiosi e nazionali. Dello stesso parere è il medievista italiano
Franco Cardini, esperienza missina in gioventù, il quale in un’intervista
apparsa su “La Gazzetta
del Mezzogiorno” di sabato 10 gennaio, ha detto che non si possono offendere i
sentimenti religiosi per il gusto di satireggiare, che Voltaire non c’entra con
quel tipo di satira, c’entra piuttosto De Sade, e che perciò lui non se la
sente di dire “Io sono Charlie”.
Distinguerei le due posizioni,
dopo aver fatto una premessa. La destra non ha quella che si può chiamare
un’avversione preconcetta per l’Islam, anzi per qualche aspetto lo condivide.
Inutile star qui a dire quali sono gli aspetti condivisi. Se ne può parlare in
altra sede e in un altro momento. Basti pensare ai debiti culturali che noi
occidentali abbiamo nei confronti degli arabi. Come San Paolo, noi diciamo di
aver debiti nei confronti dei greci, dei romani, degli arabi e di chissà quanti
altri ancora. Certo, questo non basta a passar sopra ad offese e a danni, ad
aggressioni e a continui tentativi di turbare la pace universale. Le azioni dell’Isis
e della Jihad, che pure all’Islam si rifanno, sono terribilmente serie. Se non
si assume nei loro confronti una decisione forte, si andrà incontro a chissà
quale altra tragedia planetaria. Gli islamici sono in tutti i continenti e non
obbediscono ad una centrale, ma sono gruppi slegati, prendono iniziative molecolari,
quando vogliono, dove possono e come possono, come dimostrano le loro ultime
imprese, la strage di Parigi e quella in Nigeria, dove i morti non si contano,
sarebbero addirittura ventimila. Ciò che li unisce è la motivazione comune del
rispetto di Allah e del suo profeta Maometto, secondo gli insegnamenti del
Corano. Nella fase esecutiva ognuno per sé e Allah per tutti.
La posizione della Le Pen si può
capire. In un primo momento pare che sia stata esclusa dagli invitati alla
marcia. Successivamente ha avuto un incontro con Hollande, il quale ha ribadito
forte che l’islamismo non c’entra con la strage alla “Charlie Hebdo”, che è una
questione di terrorismo, spostando gli obiettivi su antirazzismo e
antisemitismo, quasi apposta per respingere la leader della destra. E difatti la
Le Pen si è dissociata. E’ comprensibile
che la destra francese non stia al gioco della sinistra, che porta avanti una
politica decisamente opposta a quella della destra in materia di immigrazione e
più volte ha denunciato il pericolo dell’islamizzazione del Paese, quella che
lo scrittore Houellebecq chiama “La sottomissione” in un libro appena uscito e
già diventato cult. E’ ancora più comprensibile che oggi la destra cerchi di
monetizzare in termini di consenso elettorale la gravissima questione che si è
aperta coi fatti parigini del 7 gennaio.
La posizione di Cardini è meno
interessata. E’ la posizione di un intellettuale, di uno storico che ha grande
senso di appartenenza culturale ma anche una grande ammirazione per la cultura
araba, conosce molto bene quel mondo e ritiene di non dover esprimere giudizi
sommari.
Quel che non è condivisibile nei
due – credo che moltissimi altri a destra si identifichino chi nell’uno e chi
nell’altro – è che la circostanza non consente di fare tanti distinguo. Se si
deve esprimere un giudizio sulla satira di “Charlie Hebdo”, dagli stessi autori
ritenuta “irresponsabile” (sottotitolo della rivista), gratuitamente velenosa,
disorganica e inutilmente dissolvente, è di dura condanna. Si tratta in gran
parte di spazzatura. Ma qui si è di fronte ad una tragedia che si è abbattuta
sul mondo occidentale, sui suoi modelli culturali, attraverso l’attacco a
quella rivista. Lo slogan “Je suis Charlie” contiene – e perciò è forte nella
sua banalità – un significato importantissimo: sono Charlie nonostante io non
lo condivida. Voltaire è tutto qui: non condivido le tue idee ma mi batto
perché tu le possa esprimere. In condizioni normali io non mi sognerei di
essere Charlie, ma in questa circostanza lo sono e lo grido. In questo momento
è prioritario il pericolo che viene da un mondo che sembra non avere una patria
fisica da colpire non solo per ritorsione ma anche per recidere i rapporti di
rifornimento ideologico e materiale.
Hollande sa perfettamente che la
situazione è grave ma non può dirlo; gli è più facile uscirsene con una
menzogna, funzionale al momento. Gli altri capi di stato e di governo europei
dicono la stessa cosa, consci anch’essi di dire una comoda bugia. Se dicessero
la verità allora dovrebbero passare alla fase successiva, quella delle azioni,
dei provvedimenti, che non sono solo di polizia, nemmeno se obbligano a
mobilitare centomila agenti. Salvo che essi per realizzare la società
multietnica, di cui si dicono entusiasti, non mettano in conto il sacrificio di
vite umane, come quelle del 7 gennaio parigino.
La questione islamica è dannatamente seria, è frutto di decenni di
errori, gravissimi singolarmente presi e nell’insieme considerati. La profezia
di Houellebecq non è frutto di
islamofobia, come dicono i bugiardi minimalisti per screditare chi non la pensa
come loro, ma qualcosa di fondato. E' la lettura critica di un processo reale in corso. Che l’intero mondo politico francese sarebbe
più contento di avere un islamico alla presidenza della repubblica piuttosto
che Le Pen, lo si vede già oggi. Nel 2022, quando secondo la profezia dovrebbe
accadere, quanti elettori francesi islamici in più ci saranno e quanti francesi
cristiani in meno? Si consideri che mentre i cristiani figli ne fanno pochi,
gli islamici non si risparmiano. Di qui la profezia: islamici moderati + islamisti
militanti e terroristi + cretinismo diffuso nei cristiani specialmente ai
massimi livelli politici, ed ecco che l’apocalisse si compie.
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