sabato 5 aprile 2025

Femminicidi, occorre una risposta forte dello Stato

Le continue uccisioni di giovani donne, oltreché gettare nel dolore e nell’angoscia i famigliari e gli amici, turbano la società, preoccupano lo Stato. Quante famiglie non hanno le figliuole fuori di casa, a lavorare o a studiare? E possono vivere nella preoccupazione che da un momento all’altro arrivino in casa i Carabinieri ad annunciare la disgrazia come in tempo di guerra annunciavano che il congiunto era caduto in battaglia? No, assolutamente. Lo Stato non può comportarsi come un comune cittadino che su educazione e rieducazione di chi delinque è un radicale e ritiene che nessuno debba essere privato mai di un’altra chance nella vita: nessuno tocchi Caino! Lo Stato deve guardare la realtà e se essa dice che per certi soggetti la rieducazione non risolve il problema ma anzi lo aggrava deve prendere atto e agire di conseguenza. La risposta a chi uccide è l’ergastolo senza sconto alcuno. Chi uccide deve sapere che per lui è finita. La punizione esemplare non serve tanto per far soffrire l’assassino in una logica del taglione ma per prevenire che altri compiano lo stesso crimine nella certezza di sbrigarsela con qualche annetto “rieducativo” di carcere. Per chi uccide senza una ragione non ci deve essere chance alcuna, deve finire. La pena deve andare oltre la colpa. Lo Stato non ti toglie la vita ma ti condanna a riflettere finchè campi su cosa significhi privare uno della vita. Non conta che tu viva o meno, conta che tu non viva più per la società. Gli altri, quelli che sarebbero potuti essere i tuoi emuli, si guarderanno bene dal compiere atti di violenza contro una giovane donna che ha l’unica colpa di voler essere libera di mettersi con chi vuole. Ci sono omicidi, e il femminicidio è fra questi, che debordano dal caso singolo e diventano alimentazione di un fenomeno; perciò, nel condannarli, non si deve tenere conto del caso in sé ma del fenomeno che ne segue. Il fatto stesso che si sia fatto ricorso ad un termine specifico per indicare l’uccisione delle donne è prova che non di casi sporadici si tratta ma di un fenomeno. Nomina sunt consequentia rerum diceva Aristotele. L’educazione è sì un dovere di chi per diritto naturale (genitori) e per diritto positivo (Stato) ne è responsabile, ma è anche un premio. I genitori che educano i figli danno loro un premio, del quale essi devono essere fieri e riconoscenti. Lo Stato che educa un cittadino gli dà parimenti un premio, perché lo rende migliore di quel che sarebbe senza educazione. Ma se l’individuo non sa che farsene del premio ricevuto e delinque contro persone indifese, per quale ragione deve essere rieducato, ovvero ripremiato? Non ci sono ragioni per rieducare o ripremiare. Esse appartengono ad ideologie che si sono rivelate deleterie per il singolo e per la società. Sempre più spesso in ogni parte del mondo ci si chiede perché avanzano le destre. Se lo chiedono in tanti, ma nessuno mai si dà una risposta, quasi che abbiano paura di dover ammettere di aver sbagliato a privilegiare l’individuo a scapito della società, il particolare per il generale, il caso per il fenomeno. Le destre sono più in sintonia con la gente, vogliono mettere fine a ideologie che invece di migliorare la società l’hanno peggiorata, hanno prodotto le peggiori storture umane, prima fra tutte la distruzione della famiglia; e spingono imperterrite sulla stessa strada incuranti del danno che si lasciano dietro. In nome di simili ideologie si ritiene che è da preferire l’indulgenza di un delinquente oggi che prevenire l’uccisione di altre donne domani. Il che è aberrante. Impunire un assassino è come mettere il coltello in mano ad altri assassini. La frequenza con cui vengono uccise tante ragazze ormai non ha più bisogno di conoscere le cause del fenomeno. Si uccide perché si sa che l’assassinio non comporta che una pena ridicola. Ovvio che alla base di ogni delitto c’è un motivo scatenante, ma nel caso dei femminicidi c’è una componente culturale, che va oltre ogni motivo e offre quasi una “giustificazione” di contesto. Lo Stato potrebbe fare la cosa più semplice di questo mondo, come fa una normalissima persona quando per ripararsi dalla pioggia apre l’ombrello. Che vuol dire? Che, stante la situazione che si è venuta a creare coi femminicidi, dovrebbe inasprire le pene, renderle più dure e definitive. Si potrebbe poi vedere nel giro di qualche anno se la “cura” ha funzionato o meno. Certo, nessuno mai può eliminare del tutto un crimine, ma se i femminicidi dovessero calare in maniera significativa vorrebbe dire che ha funzionato. E non sarebbe quel che la società s’aspetta dallo Stato?