sabato 19 luglio 2025

I mille giorni di Giorgia

In questa metà di luglio, giorno più giorno meno, Giorgia Meloni “celebra” i suoi mille giorni di governo. Spesso noi uomini ci inventiamo le datazioni un po’ per comodità di storici e un po’ per vanità di politici. All’evento la Presidente del Consiglio ha dedicato un’intervista su RaiUno il 17 luglio. Ha detto delle cose ovvie ma non inutili, ha ricordato i punti salienti della sua opera di governo. Fra tutti ha sottolineato il calo di sbarchi di migranti sulle nostre coste, la creazione di un milione di posti di lavoro e l’avvio di numerose riforme, fra cui il premierato e la giustizia. Altri della sua area hanno voluto ricordare un aspetto importante del suo ormai quasi triennio di governo: l’assoluta normalità. Chi temeva derive autoritarie o colpi si stato, manifestazioni di intolleranza e approcci duceschi ha dovuto una volta tanto tacere. Si spera che il silenzio diventi esso stesso normalità, mi riferisco al silenzio su immaginati e temuti slittamenti autoritari. Sarebbe un bel traguardo in questo paese in cui in occasione, l’anno scorso, del ricordo di Matteotti, c’era chi si avventurava in paragoni con la realtà odierna assolutamente capotici per non dire altro. Certo, c’è da capire. Quello della paura del fascismo è una bella carta da giocare nell’eterna partita della propaganda elettorale. Perderla, quella carta, s’impoverisce il mazzo e si è costretti a trovare nell’abilità del gioco le risorse per vincere le partite. Se si finisse di barare, sarebbe una crescita per tutti. Non sono mancati, tuttavia, nel corso di questi mille giorni, tentativi di curvare verso interventi autoritari taluni scontri di manifestanti delle sinistre con le forze dell’ordine. Sono venuti fuori casi di scoperte di eventi privati in cui qualcuno si esibiva in saluti fascisti per sostenere che “questi”, i fu missini, non cambiano mai, sono sempre gli stessi maledetti fascisti che dicono di non avere niente a che fare col fascismo politico. Perfino per il Decreto sicurezza, di recente approvato, si è cercato di scomodare prospettive liberticide, cui non sono stati estranei taluni magistrati. Quel che è stato dirimente nella messa da parte di ogni seria insistenza sul fascismo è stato il grande successo della Meloni in tutto il mondo. Già all’inizio del suo governo si capì che era sbagliato insistere su questo tipo di critica perché era come dire al mondo che l’Italia era un paese fascista. Man mano che la Meloni veniva accolta in tutto il mondo da capi di stato e di governo con simpatia e rispetto sarebbe stato suicidario insistere su dei tasti assolutamenti sconnessi dalla realtà. In un mondo dilaniato da una guerra mondiale, a pezzi la chiamava Francesco, con efferatezze indicibili in Ucraina e in Israele, chi potrebbe dar credito che in Italia al governo ci sono i fascisti? Forse siamo stati noi, in Italia, gli ultimi nel mondo a renderci conto che era infantile gridare all’orco della favola. L’unico motivo di una qualche preoccupazione è stato il caso del Generale Vannacci, il quale peraltro è l’unico nel centrodestra che non si preoccupa di ostentare parole e modi richiamanti il Ventennio. Ma proprio per l’ex Generale della Folgore è più lo sfottò per le sue uscite da parte delle opposizioni che un autentico sdegno, come a rendersi conto che su certe cose insistere è ridicolo. Tutte rose e fiori, allora, i mille giorni di Giorgia? Sarebbe sciocco pensarlo, anche se il dato che rende il governo Meloni saldo in sella non è nel governo è fuori ed è nelle opposizioni che sono ben lontane dal costituire una alternativa possibile e credibile. Si potrebbe dire che la vera forza di Meloni sia la mancanza di un avversario. La temuta deriva meloniana di Calenda, peraltro, e il passaggio di una consigliera comunale romana dal Pd a FdI fanno pensare a quel fenomeno tipicamente italiano dell’andare in soccorso del vincitore, che incomincia a manifestarsi. Certo, non è il caso per nessuno di mettersi a dormire sugli allori. Anche il centrodestra subisce la forza internazionale della Meloni e tacita fin dal nascere ogni polemica ed ogni dissenso. Conosciamo la situazione politica italiana e sappiamo che non ci vuole molto perché cambi. I risultati delle prossime elezioni regionali potrebbero dare uno scossone importante alla maggioranza specialmente se si dovesse perdere il Veneto, come accadde qualche anno fa a Verona, dove con una maggioranza elettorale di centrodestra, spaccato, si finì per regalare al centrosinistra il Comune. Le rogne quotidiane, inoltre, non mancano mai. Nei decorsi mille giorni sono state contenute e nascoste. I giorni che verranno saranno sicuramente più impegnativi, come in genere sono le code.

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